L’anno scorso al convegno di CorCom “Telco per l’Italia” si è parlato di quali saranno le prossime mosse dei protagonisti e quali sono i nodi che ancora restano da sciogliere per una effettiva e veloce attuazione. Dagli interventi e dalle tavole rotonde è emersa la necessità di accompagnare il processo di trasformazione digitale spingendo sull’ultrabroadband ma anche sui servizi digitali e investendo sulla cultura.
Edizione 2016 – Telco per l’Italia
Digital transformation, un ruolo nuovo per le Tlc
Spingere la domanda di reti e servizi digitali, investire in cultura digitale. Ma soprattutto mettere in moto l’execution dei progetti Paese: dall’ultrabroadband fino alla riforma della PA. È questa la ricetta per la digital transformation dell’Italia che ha tenuto banco oggi al convegno romano di CorCom “Telco per l’Italia”. Ad aprire i lavoro il direttore di CorCom, Gildo Campesato, che ha tracciato un quadro di un Paese profondamente cambiato rispetto a un anno fa. “Molte cose sono accadute – ha detto Campesato – Il piano del governo sulla banda ultralarga si è messo in moto. C’è una maggiore consapevolezza a livello di governo e un maggiore ottimismo da parte delle imprese che la rivoluzione digitale è oramai a portata di mano”. A sottolineare come la situazione in Italia sia cambiata anche Franco Bassanini, consigliere di Palazzo Chigi. “Non si parla più, almeno non come tema prioritario, di domanda e offerta ovvero se sia più importante l’una o l’altra per la diffusione della banda larga. Abbiamo fatto un salto qualitativo, pur non dimenticando che esiste ancor un problema di domanda”. Un problema che però il governo ha colto in pieno. In questo senso vanno lette sia la riforma Madia sulla PA sia il piano Bul di cui sono stati pubblicati i bandi per le aree bianche. “La riforma della pubblica amministrazione ha il suo cuore nella digitalizzazione di servizi e processi – ha evidenziato Bassanini – Una maggiore offerta di servizi digitale sarà un driver straordinario per stimolare l’innovazione. Ma non basta: serve investire nella cultura digitale dei dipendenti pubblici, spesso di età elevata. E’ auspicabile un ricambio generazionale nella burocrazia italiana per iniettare personale ‘nativo digitale’”. L’ideale sarebbe una PA nativa digitale, ma lo stesso Bassanini ammette che è difficile realizzarla. “Possiamo però rendere l’amministrazione più efficiente tramite il digitale, sul versante processi e su quello servizi, a partire dai progetti infrastrutturali abilitanti quali Spid, Anpr, e-fattura fino a quelli di e-health”. Lo sforzo del governo, a detta di Bassanini, è evidente anche nel settore imprese. “Le imprese italiane sono propense all’innovazione – la massiccia adozione del cloud ne è un esempio – e da parte del governo c’è l’intenzione decisa di puntare a sostenere il cambiamento. Il ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda, vuole rendere strutturali i super ammortamenti per gli investimenti e incentivare la crescita di tutte quelle Pmi che scommettono sull’internazionalizzazione”. Bassanini ha poi affrontato l’annoso problema delle reti a banda larga e sulla competizione in questo settore. “La competizione partita tra Enel e Telecom per portare la fibra ottica nelle aree remunerative è positiva sia nel caso di concorrenza che di accordo tra i due colossi – ha detto – è partita la competizione per portare la fibra fino alle case. Molti si chiedono se l’Italia possa reggere due reti. E’ un punto interrogativo su cui non ho una risposta, ma non e’ questo il problema. In altri Paesi c’è la concorrenza tra reti di tlc e cable tv e funziona”. Allora, ha concluso, “se in Italia questa concorrenza dovesse incontrare difficoltà e si arrivasse a una spartizione delle aree o a un accordo tra i concorrenti il problema non sarebbe quello, perché l’importante è che finalmente l’infrastruttura si farebbe e farebbe emergere la domanda latente”.
In una videointervista, rilasciata in occasione del convegno, anche l’Ad di Vodafone Italia, Aldo Bisio, ha parlato di Enel e del valore dell’accordo firmato dalla compagnia. Per Vodafone è “un accordo di partnership strategica quello siglato con Enel per portare la fibra in 250 città italiane. I contratti sottoscritti con Enel sono più convenienti rispetto alle alternative potenziali di investimento da soli o a quelle potenziali di acquisto in wholesale dall’incumbent”. “Vediamo in Enel un grande partner, oltre che un operatore efficiente, con il quale poter realizzare un contributo fondamentale per il Paese e insieme al quale poter finalmente colmare il gap digitale che divide l’Italia dal resto dell’Europa. Si tratta senza dubbio di una grande opportunità, anche dal punto di vista economico” ha proseguito. “Gli investimenti fatti negli ultimi due anni attraverso il piano Spring, ci hanno permesso di costruire, in tempi brevissimi, una rete in fibra estremamente performante che oggi copre 8,7 milioni di abitazioni, e di offrire servizi in fibra in 300 città – ha ricordato Bisio – La fibra fino alla casa, l’FttH, è un’integrazione oltre che un’evoluzione della rete in fibra fino al cabinet, l’FttC. Siamo convinti che quello dall’FttC sia un passaggio obbligato. Attraverso l’accordo con Enel vogliamo valorizzare i nostri investimenti nell’FttC con un passaggio al fiber to the home che crediamo sia l’unica tecnologia veramente a prova di futuro”. Focus anche sull’asta frequenze a 700 Mhz.”Non c’è dubbio che le frequenze 700 debbano essere liberate dagli operatori televisivi ai fini del grande contributo che possono apportare, sia in termini ‘capacitivi’ sia in termini di copertura ai servizi che noi saremo in grado di offrire” tuttavia “crediamo che per dare un’accelerazione siano necessarie due condizioni”. Bisio ha spiegato che le condizioni per la gara delle frequenze sono: “uno, che le frequenze 700 siano effettivamente rese disponibili da parte degli operatori televisivi. Due, che ci sia la disponibilità degli apparati, sia dei terminali nelle mani dei clienti sia dell’elettronica per la costruzione delle reti. Se queste due condizioni dovessero verificarsi, anche noi saremmo favorevoli ad anticipare il rilascio delle frequenze 700 e l’asta conseguente”, ha aggiunto. “Veniamo da un’asta per le frequenze in Banda L dello scorso anno con prezzi largamente superiori a quelli che, per esempio, hanno pagato i nostri colleghi di Vodafone Germania”, ha concluso. Per Simone Battiferri, direttore ICT Solutions & Service Platforms di Tim, in Italia la domanda è un problema “storico”. “Solo una famiglia su due ha un abbonamento a banda larga a fronte di una su sette in Francia – ha sottolineato il manager – Indubbiamente siamo indietro rispetto agli obiettivi dell’Agenda digitale che, però, non sono solo infrastruttrali”. Battiferri ha ricordato che se la Ue chidede una penetrazione dell’e-commerce tra le imprese del 33%, l’Italia è solo al 7%; stessa situazione sul fromte consumer dove lo shopping online registra una percentuale del 26% mentre i targert Ue lo vogliono al 50%. Male anche l’e-gov: 25% contro il 12% italiano. In questo quadro Telecom Italia è fortemente impegnata a sostenere la digitalizzazione del Paese. “Abbiamo una copertura di banda ultralarga al 45% e stendiamo 250 km di fibra all’ora. E nel 2015 abbiamo raggiunto 3 milioni di abitazioni”. Basta? Non di certo. “Resta centrale avviare un percorso di stimolo alla domanda, soprattutto sul versante PA. In questo senso sono indispensabili progetti abilitanti come Spid, Anagrafe unica e fatturazione elettronica. Ma serve fare di più sui settori scuola e sanità”. La diffusione di servizi digitali non è leva di trasformazione solo per la PA ma anche per le telco che, per accompagnare il cambiamento, cambiano anch’esse pelle. Come racconta, in una videointervista, l’Ad di Fastweb Alberto Calcagno. “Da fiber company Fastweb sta diventando una infrastructure company – ha spiegato Calcagno – La fibra è infatti solo uno degli ingredienti di un mercato che sta subendo una complessa evoluzione. Allora puntiamo sempre più sui servizi mobili 4G, sul wifi come ponte tra l’indoor in fibra e il mobile e sui datacenter per sostenere le imprese. Così contribuiamo alla digital transformation del Paese”. Più critico l’intervento di Federico Protto, Ad di Retelit, che pur evidenziando l’impegno, anche economico, del governo sulle aree bianche, teme che gli stessi bandi non siano sufficientemente aperti “a una pluralità di soggetti.” “Inoltre – ha evidenziato Protto – ci sarebbe piaciuto che nei bandi si fosse prestata attenzione anche alle reti per le imprese e non solo al consumer”. Protto ha poi sottolineato l’importanza delle regole Agcom per l’accesso alla reti. “Applicare al meglio quelle regole è la vera sfida”, ha concluso. Anche Luca Torrigiani, Country Sales Director Large Account e PA, BT Italia, guarda con attenzione particolare al mondo delle imprese. “BT, in quanto fornitore di servizi alle imprese, ha un osservatorio privilegiato. Ecco perché crediamo che al centro dell’azione debba esserci la qualità del servizio e non tanto la quantità di banda erogata. La PA digitale è certo una leva di domanda ma bisogna focalizzare l’attenzione sulle prestazione abilitate dall’Internet of Things”. Antongiulio Lombardi, Direttore Affari Istituzionali e Regolamentari di 3 Italia, ha posto in evidenza il ruolo delle reti mobili come strumento per colmare il digital divide “in quanto sostituto affidabile e meno costoso del fisso e per la sua facilità di upgrade”. “Ma la vera sfida è quella culturale – ha avvisato Lombardi – E’ necessario che gli utenti sappiano usare strumenti e servizi innovativi in maniera consapevole. In questo quadro è centrale il ruolo della scuola per far crescere la cultura digitale”. A chiudere il ragionamento Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale. “Bisogna riorganizzare le energie e capire come accelerare l’execution”. Per Catania “ora è necessario puntare su tre grandi obiettivi e portarli a compimento di qui ai prossimi 24-36 mesi: “iniettare” il digitale all’interno dei cda, creare degli innovation hub sui territori come sostegno alle imprese e iniettare risorse digitali nelle Pmi, investendo in formazione”. Altro settore chiave è la PA: “Lo Spid, l’Anagrafe unica e il fascicolo sanitario elettronico, oltre ad essere essenziali driver di innovazione, sono anche straordinario veicoli di cultura digitale”. “Ma per realizzare questi progetti Paesi è necessaria una forte partnership pubblico-privato perché oggi stiamo riprogettando il Paese e serve il contributo di tutti”, ha concluso.
Italia digitale, aziende in campo: “Pronte a fare la nostra parte”
Scelte tecnologiche, investimenti per la banda ultra larga e nuovi servizi al centro della Tavola rotonda pomeridiana del convegno Telco per l’Italia: gli operatori del settore hanno sottolineato il loro ruolo nella crescita dell’Italia di qui al 2020-2022 e nello sviluppo digitale del paese. Fabrizio Ceschini, Direttore Telco & Media, Indra Italia: “Parto da un dato: delle 800mila domande per l’esenzione dal canone Rai arrivate in questi giorni solo 200mila sono state inviate in formato telematico. Questo significa qualcosa. La banda ultra larga si sta facendo ma è sull’adozione che dobbiamo lavorare e qui Indra porta il suo contributo, in Italia come nel mondo: siamo un’azienda che esce essa stessa da un processo di trasformazione che ha fatto in primis al proprio interno e sulle proprie soluzioni, sempre più in ottica digitale e smart.
Il nostro obiettivo è aiutare le aziende nella digital transformation: afffianchiamo i nostri clienti nell’adozione del digitale: non solo con le nostro tecnologie ma anche con la consulenza, dallo scouting fino alla fase di empowering, in cui il digitale arriva a massimizzare l’uso di asset e infrastrutture. Multicanalità e interoperoperabilità di piattaforme, e modelli di business collaborativi sono il nuovo paradigma verso cui traghettiamo i nostri clienti. Le aziende devono pensare ai nuovi servizi digitali e ai business case; mettere insieme servizi articolati è critico ma noi aiutiamo a sempificare”. Franco Micoli, Director Government Relations, Nokia: “Uscendo dal business dei cellulari, Nokia ha intrapreso un nuovo percorso basato sulla parte infrastutturale, culminata nell’acquisizione di Alcatel Lucent, ormai completata. Siamo leader in Italia nell’accesso sia fisso che mobile, leader anche nell’ottico, e abbiamo la forza finanziaria per investire nelle tecnologie del futuro. La nostra ambizione è conquistarci la leadership soprattutto su IoT e 5G e con Alu abbiamo un portafoglio completo di tecnologie. Il 5G sarà una rete completamente diversa per caratteristiche, numero di device che gestisce, dinamicità, e richiede un’infrastruttura in fibra; la IoT avrà un impatto fondamentale anche su Industria 4.0. Nokia pensa che saranno particolarmente trasformati i settori smart cars/mobility, manufacturing, sicurezza pubblica, smart city e digital health: sono questi i contesti cui rivolgere soluzioni specifiche. Nokia sta investendo non solo in tecnologie ma anche sulla creazione di ecosistemi specifici. L’Italia con il Piano banda ultra larga, l’impegno degli operatori e il piano Industria 4.0 ha le carte in regola per fare il salto e Nokia è pronta a fare la sua parte”. Michelangelo Suigo, Head of Governmental & Institutional Affairs, Vodafone Italia: “L’Italia è ancora al 27mo posto in Europa per copertura Nga. Serve fare uno scatto in avanti, per questo sarà importante il contributo di tutti, delle imprese, grazie alla spinta concorrenziale impressa al mercato (purché non ci si fermi all’effetto annuncio) e del governo col Piano banda ultralarga e le gare. Vodafone ha completato il Piano di investimenti Spring raggiungendo il 95% di copertura su rete mobile 4G ed oggi è presente con servizi in fibra in 300 città italiane e con la fibra a 500 Mbps a Milano, Torino e Bologna. Il boom del traffico dati non riguarda solo il mobile ma anche il fisso; per questo è fondamentale non perdere tempo e creare le basi per la Gigabit society e ora puntare su Ftth e 5G. Con l’arrivo dell’Ftth occorre completare la migrazione da rame a fibra. Guardiamo al futuro con reti future proof, non restiamo ancorati al passato”. Philippe Vanhille, Senior Vice President Telecom Business, Prysmian Group: “Siamo leader mondiali dei cavi ottici. Qui l’Italia non è indietro: abbiamo una tecnologia all’avanguardia e siamo pronti a servire il paese. Ci sono solo tre brevetti nel mondo per fare la fibra, uno è italiano, di Prysmian. Nell’ambito del business telecomunicazioni, Prysmian Italia opera sul mercato italiano ed estero con una struttura dedicata; la società Fibre Ottiche Sud di Battipaglia (Salerno) è specializzata nella produzione di fibre ottiche: Prysmian può portare all’intero paese la sua capacità e esperienza internazionale. Ma attenzione a evitare una trappola: quella di realizzare una rete passiva senza sufficiente qualità. Verranno investiti decine di miliardi di euro e non si può fare questo investimento due volte. La qualità di una rete passiva si misura non solo in velocità ma anche in latenza, prestazioni del servizio, costi di manutenzione. Prysmian è pronta a portare in Italia la sua innovazione tecnologica: cavi più robusti, capaci di tollerare ogni tipo di danni, future proof e anche miniaturizzati, il che riduce i costi di installazione. L’Italia può recuperare il suo ritardo anche adottando soluzioni innovative e con la formazione ad hoc di chi installa la fibra, magari con apposite certificazioni”. Cristiano Radaelli, Presidente, Anitec: “La nostra mission è lo sviluppo del paese tramite il digitale, con un ruolo propositivo per il governo (e anche un’azione su scala europea). In questa trasformazione è importante l’aspetto delle infrastrutture ma anche quello della cultura. Nelle infrastrutture il governo si è mosso e ora bisogna andare avanti con l’execution, ma, data la situazione italiana di ritardo, non dobbiamo perdere tempo, anzi dobbiamo correre. Per esempio, ora che l’Europa va avanti con lo sviluppo del 5G, l’Italia deve badare a non restare indietro e il rischio c’è se tardiamo a liberare i 700 MHz spostando la deadline oltre 2020. E’ vero che ci sono peculiarità italiane, come sottolineato dal sottosegretario Antonello Giacomelli, ma non dobbiamo rimanere indietro rispetto agli altri paesi. Abbiamo bisogno che tutto il territorio abbia il collegamento a banda ultra larga per crescere ma qui entra in gioco anche l’elemento culturale: le imprese devono capire l’importanza di andare avanti sui progetti digitali e comprendere la loro utilità”. Salvatore Lombardo, Amministratore Delegato, Infratel Italia: “Siamo l’agente esecutivo di una decisione politica che nasce dalla necessità dell’intervento pubblico per colmare il digital divide. Questo intervento è stato necessario: c’è una grande competizione nelle aree dense ma in quelle remote gli operatori non hanno voglia di investire Ovviamente il governo lavora per realizzare una rete che resti attuale per i prossimi 10-20 anni, senza che si debba intervenire di nuovo nelle stesse aree. Il bando di gara pubblicato nei giorni scorsi da Infratel vale 1,4 miliardi di intervento pubblico in 6 regioni; quest’anno prevediamo di aggiudicare almeno due gare, una prima e una dopo l’estate; entro fine anno contiamo anche di avviare alcuni dei cantieri. Tutto il piano per le aree a fallimento di mercato vale 3 miliardi di euro e copre oltre 7.300 comuni (13 miilioni di cittadini), pari a 8,4 unità immobiliari sia residenziali che business; questo vuol dire che entro il 2020 dobbiamo coprire 18 Comuni e 2.500 unità immobiliari al giorno: il progetto è ambizioso e di grande impatto. Lo Stato si è preso tutto l’onere e l’intervento pubblico rappresenta forse un modello del passato ma è l’unico che funziona laddove la finanza moderna non arriva. Sui Cluster C useremo l’Ftth per poter garantire gli obiettivi di copertura, mentre per il Cluster D (circa 4.000 Comuni) più tecnologie sono possibili. Il bando Infratel rappresenta l’esito di un processo avviato con la delibera Cipe che ha stanziato i fondi per le aree bianche: rapidamente siamo arrivati a concretizzare; ora andiamo avanti con l’obiettivo di garantire la realizzazione di una rete future proof e anche di non lasciare indietro le aree A e B”.